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Dante e...

il Purgatorio?

La cantica inventata

La "questione del Purgatorio" è stata a lungo dibattuta nel corso dei decenni. Scopriamo perché. 

Nella sua opera, La Nascita del Purgatorio, Jacques Le Goff assegna a Dante la gloria di aver immaginato "la rappresentazione purgatoriale più nobile concepita dalla mente umana". 

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Cos'è il Purgatorio?

Il purgatorio è la condizione, il processo o il luogo di purificazione o di pena temporanea in cui, secondo la credenza cattolica, le anime di coloro che muoiono in uno stato di grazia sono preparate per il paradiso. 

In Dante, esso non è un luogo intermedio o neutro, perché qui non si espiano più i peccati veniali, ma ci si spurga dei sette peccati capitali, proprio come avviene all'Inferno. 

Dante - D. di Michelino

Esiste il Purgatorio?

Innocenzo IV (1243-54), scrivendo al legato pontificio presso i greci a Cipro afferma che nel fuoco temporale del Purgatorio, sono purgati i peccati, non certo i crimini e le colpe capitali, che non siano stati rimessi in precedenza con la penitenza, ma i peccati lievi e minimi; i crimini, se non sono stati rimessi nel corso dell’esistenza, gravano l’anima dopo la morte.

Secondo il pronunciamento del Concilio di Lione (1274) per coloro che, sinceramente penitenti, muoiono nella carità e sono purgati dopo la morte da pene purgatorie o purificatrici e per il sollievo di tali pene, sono utili i suffragi dei fedeli viventi, cioè i sacrifici delle messe, le preghiere, le elemosine e le altre opere di carità che i fedeli sono soliti offrire.

Per San Tommaso le anime vengono punite nei luoghi dove hanno peccato, cioè vengono punite in questo mondo, pertanto il Purgatorio si sovrappone ad una dimensione mondana. Il dipinto di Botticelli è ispirato alla novella, che si rifà al testo di Jacopo Passavanti, di Nastagio degli Onesti. La vicenda propone un Purgatorio che si consuma sulla Terra, infatti  la donna viene squartata e poi si ricompone. Questa visione rappresenta la storia di due amanti pentiti che espiano la loro colpa attraverso la pena dell'amore che diventa odio persecutorio nei luoghi in cui l'amore sbagliato è stato consumato.

Dove si scontano i peccati, secondo Dante?

Secondo Dante, le pene si scontano in Purgatorio, un luogo autonomo, non sotterraneo  e che sta sulla superficie della Terra. I custodi del Purgatorio sono gli angeli, primo assaggio del Paradiso.  Il peccatore compie un cammino ascensionale e le anime si alleggeriscono man mano dei propri peccati, quindi esiste un'intensificazione della speranza. Il Purgatorio è un luogo luminoso perché  c'è la temporaneità della sofferenza e la certezza del Paradiso. Il Purgatorio, dal punto di vista morale, non differisce dall‘Inferno nella classificazione dei peccati, ma esso non è un calco perfetto dell‘Inferno. Dante, infatti, si prende delle libertà anche da sé stesso,  tant’ è vero che c'è un antipurgatorio dove si trovano le anime pentite all'ultimo momento.

Mentre all’Inferno e in Paradiso non c’è il trascorrere del tempo, questo esiste in Purgatorio: vi sono l'alba, il giorno, il crepuscolo e la notte. L'invenzione più radicale è quella di un Purgatorio come luogo sottoposto al tempo. Nell‘Inferno il senso del tempo è completamente perso nel buio e così non ci sarà neanche in Paradiso, dove c'è la fissità della luce. Invece la dimensione temporale scandisce il viaggio di Dante già nel canto primo del Purgatorio, ai versi 13-24, quando Dante arriva sulla spiaggia dove si vedono le costellazioni, infatti  il Purgatorio è il luogo dove si vedono anche nuove stelle, sospeso tra l'al di qua e l'aldilà.

Ancora nel canto primo, ai  versi 115-132 , c’è un altro riferimento temporale: "L’alba vinceva l’ora mattutina/che fuggia innanzi, sì che di lontano/conobbi il tremolar della marina", verso ripreso poi da D'Annunzio.

Nel canto VIII  ai versi 1-9 assistiamo al tramonto del sole: «era già l’ora che volge il disio/ai naviganti e ‘ntenerisce il core/lo dì c’han detto ai dolci amici addio;». l’alba è riproposta anche nel canto IX , versi 1-12 c'è un'altra alba: «la concubina di Titone antico/già s’imbiancava al balco d’oriente,/fuor de le braccia del suo dolce amico;» è la descrizione di un'alba gelata.

La colpa e la pena

C'è differenza tra la colpa e la pena: in Purgatorio si paga lo scotto di grandi peccati, questi «cattivi» si sono pentiti sulla Terra e la colpa deve essere espiata attraverso la pena. I personaggi che ce l'hanno fatta, ora sono in cammino verso il Paradiso.

Purgatorio: ritmo biologico?

Dante in Purgatorio riprende il proprio ritmo biologico: si addormenta, si sveglia, fatto che non accadeva all’Inferno e che non si verificherà in Paradiso. Quindi il Purgatorio somiglia alla nostra vita terrena, esso è una terra di mezzo.

Personaggi

VIRGILIO

Virgilio non appartiene al luogo dei salvati,  ma a quello dei sommersi, sta dove non c'è speranza. Dante esaspera questa barriera tra dannazione e salvezza su cui si basa la figura di Virgilio che all‘Inferno è padrone di sé; a parte quando si trova nella città di Dite e nella bolgia dei diavoli che avevano fatto cadere tutti i ponti. 

All‘Inferno Virgilio è la guida, l'esperto perché ha gli elementi di superiorità morale. Qui Virgilio mantiene tutta la sua superiorità di maestro, di guida di cui Dante si può fidare. 

Nel Purgatorio Virgilio è spaesato e umiliato perché si trova al cospetto di personaggi moralmente inferiori destinati, però, alla salvezza. Anche Dante discepolo, sta superando il maestro Virgilio. Dante instaura la pedagogia di un maestro sovrastato da un mondo che non gli appartiene. Virgilio ci dà la spiegazione nell'episodio di Catone, quando afferma di essere stato autorizzato dalla volontà Divina, perché Dante stava per cadere nella morte spirituale. 

Virgilio lusinga Catone e parla della libertà,  libertà dal peccato e per fuggire la dittatura di Cesare. Catone è un pagano destinato alla salvezza, mentre Virgilio appartiene al cerchio dove c'è Marzia, la moglie di Catone.

Il discorso di Virgilio è eloquente ma sbagliato e lo si capisce dalla reazione di Catone che spiega come nell’ al di qua avesse  dato tutto a Marzia, ma ora sono separati dal fiume infernale. Catone dice a Virgilio di non lusingarlo, quindi Virgilio sbaglia fin dal principio e  la sua attitudine psicologica rischia di essere stonata.

Il lutto della cultura antica

Virgilio è smarrito perché non conosce i luoghi del Purgatorio. Il sole colpisce alle spalle Dante ma lui vede solo la propria ombra, perciò teme che il suo maestro non ci sia più, mentre Virgilio coglie la differenza tra sé e Dante. All'Inferno, nel buio, tutto era invisibile ma qui c'è la consapevolezza della mancanza del corpo, che è uno dei temi dominanti nella Commedia. Virgilio ricorda il corpo lasciato sepolto a Napoli e sa che per lui non ci sarà nessuna resurrezione finale. 

Virgilio è disorientato nello spazio e lo è anche  psicologicamente. È un Virgilio tagliato via dalla  salvezza che altri attraverso lui hanno raggiunto, come Stazio vissuto dopo e che professa la sua devozione per lui, gli si getta ai piedi perché è grazie a lui se si è convertito.

Dante crea la leggenda di San Stazio ed immagina che Virgilio lo abbia convertito, egli ha fatto del bene agli altri ma non a sé stesso come se portasse il lume dietro di sé, che giova agli altri ma non a sé stesso. 

Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.

State contenti, umana gente, al quia;
ché, se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria;

e disïar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch’etternalmente è dato lor per lutto:

io dico d’Aristotile e di Plato
e di molt’altri"; e qui chinò la fronte,
e più non disse, e rimase turbato.

Et elli a lui: Tu prima m’inviasti
    Verso Parnaso a ber 

ne le sue grotte,
    E prima appresso Iddio m’ alluminasti.
Facesti come quei che va di notte,
    Che porta ’l lume dietro, e a sè non giova;
    Ma di po’ sè fa le persone dotte,
Quando dicesti: Secol si rinova;
    Torna giustizia, e primo tempo umano,
    E progenie descende dal Ciel nova.
Per te poeta fui, per te cristiano;

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Purgatorio, c. XXII, vv. 64-73

Il congedo di Virgilio

Come la scala tutta sotto noi
    Fu corsa, e fummo sul grado superno,
    In me ficcò Virgilio li occhi suoi,
E disse: Il temperal foco e l’ eterno
    Veduto ài, fìllio, e se venuto in parte,
    Dov’io per me più oltre non discerno.

Tratto t’ ò qui con ingegno e con arte:
    Lo tuo piacer omai prende per duce:
    Fuor se’ dell’ erte vie, fuor se’ dell’ arte.
Vedi ’l Sol che in la fronte ti riluce;
    Vedi l’ erbetta, e’ fiori e li arbuscelli,
    Che qui la terra sol da sè produce.
Mentre che vegnon lieti li occhi belli,
    Che lagrimando a te venir mi fenno,
    Seder ti puoi e poi andar tra elli.
Non aspettar mio dir più, nè mio cenno:
    Libero, dritto, e sano è tuo arbitrio,
    E fallo fora non fare a suo senno;
Per ch’ io te sopra te corono e mitrio.

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Purgatorio, c. XXVII, vv. 124-142

Virgilio apostrofa Dante per l'ultima volta: essi percorrono la scala che porta al Paradiso terrestre ma lui non può proseguire e parla per l'ultima volta. Egli rappresenta la ragione umana, non più in grado di guidare il viaggio, poiché nel regno della beatitudine solo la Teologia (cioè Beatrice) può chiarire le verità divine. Dante viene lasciato libero di andare o di aspettare Beatrice, cioè lasciato al libero arbitrio. Dante non capisce che Virgilio gli sta dicendo addio e, quando vedrà Beatrice, cercherà istintivamente Virgilio il cui congedo è quello proprio del maestro che sente che la propria missione è stata compiuta, non ha più nulla da dire, perché il discepolo è ormai pienamente padrone di sé stesso. 

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